Kaja Širok, direttrice del Museo di storia contemporanea di Lubiana da anni riflette sull’uso pubblico della Storia. Cresciuta a Salcano, a cavallo del confine tra Slovenia e Italia, è una critica osservatrice di quelle che potrebbero essere definite le nostre psico-patologie di frontiera. La Širok non nasconde la sua preoccupazione per la crescente politicizzazione della storia e soprattutto per la inquietante tendenza a voler paragonare la Shoah alle altre tragedie del Novecento.
“Paragonare le tragedie del ventesimo secolo non è sono solo fuori luogo, ma anche dannoso. Non si possono confrontare gli orrori dell’Olocausto e le tragedie delle foibe e dei Gulag. Non si possono mettere sulla stessa linea del male. Così facendo si cerca di cambiare la storia, cosa che i politici e le politiche dei vari stati fanno. Lo hanno fatto in passato e lo fanno anche oggi. Le sofferenze non possono essere misurate, ma comunque non possono essere paragonate alla Shoah. Ci sono stati tanti genocidi e tante tragedie individuali e continuano ad accadere anche oggi davanti ai nostri occhi ed alle nostre frontiere”.
“I totalitarismi vanno condannati e dobbiamo parlare di tutti i mali del ventesimo secolo, dobbiamo educare i giovani e soprattutto impedire che simili fatti accadano ancora. Il lavoro dello storico, però, deve essere lasciato agli storici e non deve diventare materia politica, per soddisfare le politiche odierne di odio e di separazione. Dobbiamo capire i nostri dolori in tutte le varie sfaccettature, senza tralasciarne i motivi che gli hanno causati ed anche soffermandosi sulle politiche che hanno portato all’odio. Si tratta di comprendere le conseguenze delle politiche che parlavano di supremazia della razza ed anche dei revisionismi storici”.
Mi pare che ci sia la tenza di tutti di salire sul carro della Shoah, come modo per farsi legittimare.
“Certamente. Nell’ultimo periodo sembra che le persone abbiano dormito durante le lezioni di storia, soprattutto nelle ore dedicate alla Shoah, all’antisemitismo ed al razzismo, ma anche in quelle riservate al fascismo ed alle politiche fasciste contro gli “allogeni”, che solo un decennio dopo sono state rivolte contro gli ebrei. I giovani devono conoscere tutti i mali del Ventesimo secolo affinché non si ripetano. In questa società troppe volte si intende il patriottismo in maniera esclusiva, odiando tutti gli altri. Noi viviamo in un territorio misto che ha portato a guerre, sofferenze e tragedie. Dovremmo capire che queste politiche non ci conducono da nessuna parte e nuocciono a noi stessi”.
Spesso di diche che l’Italia non ha fatto i conti con il fascismo, ma la Slovenia ha fatto i conti con il comunismo?
“Io direi che né l’una né l’altra parte hanno fatto i conti con sé stesse e nessuno ha cercato di capire il dolore di chi gli abita accanto. Le lezioni da imparare sono tantissime. Ricollegandomi al discorso fatto dal presidente dell’Unione degli Istriani Massimiliano Lacota su Aushwitz e sulla visita alle foibe d’Istria, il sindaco di Predappio negando il viaggio al campo di sterminio agli studenti ha dato un cattivo esempio e ci fa capire come la società stia diventando più illetterata e maleducata, specialmente quando c’è di mezzo l’educazione civica sui diritti umani. Se Lacota invita le scolaresche a visitare le nostre terre sono tutti benvenuti. È da anni che cerchiamo, non solo io ma anche gli altri storici dall’una e dall’altra parte del confine, di organizzare programmi per le scuole italiane, slovene e croate. Gite tra i mondi della memoria del territorio. È da due anni in qua che il Memorial de la Shoah di Parigi sta organizzando lezioni per insegnati storia di lingua italiana, slovena e croata su quanto successo da queste parti. Ci sono da visitare tanti luoghi della Prima guerra mondiale, gli ossari italiani ed austroungarici, ci sono i campi di concentramento italiani per i civili sloveni e croati, c’è la Risiera di San Sabba e ci sono le foibe. C’è tanta storia da raccontare e noi dobbiamo farlo insieme per capire i nostri dolori e anche quelli degli altri e per creare un futuro migliore per le nuove generazioni".
Ma dalle nostre parti riusciremo a liberarci del peso della storia?
"Per come vanno le cose direi di no, ma spero in un futuro migliore per le nuove generazioni".
Stefano Lusa