La Germania ha chiuso ieri le ultime tre centrali nucleari attive nel Paese, con gli ambientalisti che hanno salutato con un allestimento di origami la rinuncia a una fonte di energia che per 60 anni ha accompagnato i tedeschi. Una rinuncia che parte da lontano. La fusione dei reattori nucleari nel 2011 a Fukushima, in Giappone, e il disastro che ne è seguito hanno instillato dubbi in Germania anche tra i sostenitori più accesi del nucleare. L'obiettivo era e rimane quello di investire di più e meglio nelle rinnovabili. Il calendario di dismissione stilato da Angela Merkel prevedeva il 2022 come data ultima di chiusura, ma la scadenza è stata posticipata per non aggravare la crisi energetica innescata dalla guerra in Ucraina.
Il Paese è comunque ancora alle prese con il problema delle scorie, come ha spiegato Martina Gremler, responsabile delle relazioni pubbliche della Federazione tedesca per l'ambiente e la conservazione della natura. "Pensiamo che utilizzare una tecnologia ad alto rischio che non possiamo controllare con certezza e per cui non disponiamo nemmeno di uno stoccaggio temporaneo, per non parlare di quello definitivo, sia molto molto sbagliato". Una risposta indiretta anche alla lettera-appelllo sottoscritta da diversi scienziati che chiedevano un ripensamento temporaneo, visto che ora la Germania sarà costretta ad appoggiarsi a fonti fossili per sopperire a quella fetta di energia mancante.
I detrattori affermano inoltre che l'energia nucleare può essere utilizzata per ridurre i costi delle industrie tedesche, che nel breve termine non possono essere coperti dalle rinnovabili, che comunque contribuiscono per il 51% del fabbisogno di elettricità del Paese. Nel primo trimestre del 2023, il nucleare ha garantito solo il 4%, mentre il 28% arriva ancora dal carbone.
Valerio Fabbri