Anche se l'iniziativa della Slovenia di concedere lo status di paese candidato alla Bosnia ed Erzegovina non ha dato risultati concreti, la ministra degli esteri, Tanja Fajon è molto soddisfatta in quanto ha aperto un importante dibattito in materia e ha dimostrato l’unità nel promuoverla. "Non abbiamo raggiunto un obiettivo che era molto ambizioso", ha ammesso Fajon; "era comunque chiaro che in una settimana non saremmo riusciti nell'impresa, anche perché l'argomento non era neppure all'ordine del giorno del consiglio europeo. In ogni caso siamo riusciti ad avviare una discussione su cosa sta succedendo con il processo di allargamento dell'Unione Europea, soprattutto per quanto riguarda i Balcani occidentali e la politica dell'UE nei confronti di questa regione". Giovedì com’è noto lo status di paese candidato è stato concesso a Ucraina e Moldavia, il che era scontato, non è invece passata la proposta, formulata dal premier sloveno Robert Golob, di fare altrettanto con la Bosnia ed Erzegovina. Anche Golob ha parlato comunque di importante passo in avanti per essere riusciti ad avviare un confronto sull'argomento, una discussione approfondita durata diverse ore e che ha contribuito da una parte a far uscire la Bosnia ed Erzegovina da una sorta di dimenticatoio dell'Unione Europea, durato molti anni, dall'altra a fissare una specie di tabella di marcia affinché la questione venga affrontata in tempi brevi dal Consiglio europeo, fino ad arrivare a soluzioni concrete. La commissione dovrebbe preparare un rapporto entro ottobre, allora saranno più chiare le reali prospettive per Sarajevo. La scorsa settimana, lo ricordiamo, anche il presidente della repubblica, Borut Pahor, si era adoperato in una lettera al presidente del consiglio europeo, Charles Michel, per la concessione alla Bosnia ed Erzegovina dello status di paese candidato, senza porre condizioni. A Bruxelles, secondo fonti comunitarie, l'iniziativa della Slovenia ha trovato il forte sostegno dell'Austria e anche della Croazia, contrarie invece soprattutto Olanda e Danimarca.
Delio Dessardo