Il 5 luglio sono entrati in vigore i dazi voluti dall'Unione europea sulle auto elettriche prodotte in Cina. Questi rimarranno in vigore per 4 mesi, al termine dei quali verrà fatta una valutazione da parte del Consiglio Ue, che avrà allora la possibilità di prolungarli per un periodo di 5 anni.
La Commissione sostiene che i produttori cinesi beneficiano di sussidi alla produzione che permettono di offrire prezzi del 20 per cento inferiori alla media rispetto ai concorrenti europei.
Alla decisione si sono opposte fin da subito Germania, Svezia e Ungheria, preoccupate per le ripercussioni sulle loro industrie automobilistiche. In particolare, la Germania teme per i propri produttori che esportano un gran numero di vetture in Cina.
La questione è stata presa in esame anche dalla presidenza ungherese di turno, che si è soffermata sugli obiettivi del Green Deal, secondo cui dal 2035 non potranno più essere prodotte auto alimentate con motori tradizionali. "Se vogliamo raggiungere gli obiettivi prefissati - spiega Marton Nagy, il ministro per lo Sviluppo economico ungherese - è necessario prevedere sussidi e stabilire come garantirli". Per il ministro ungherese non c'è dubbio che, quando si parla di veicoli elettrici, serve sostegno all'industria. In primis andrebbero evitate le guerre commerciali, sottolinea Budapest, dicendosi contraria all'imposizione di dazi sull'auto elettrica. "Riteniamo che la competitività richieda concorrenza e che il protezionismo, in questo caso, non sia la risposta".
M.N.