Secondo la decisione di un tribunale olandese, il modello di business della multinazionale dei carburanti Shell «mette a rischio il rispetto dei diritti umani e le vite delle persone» perché minaccia il raggiungimento degli obiettivi fissati dall'accordo sul clima di Parigi del 2015.
Tale accordo, il cui obiettivo è evitare che le temperature medie globali aumentino di più di 2 °C rispetto ai livelli pre-industriali, e preferibilmente restino sotto 1,5 °C di aumento, è un impegno preso tra paesi, e non tra aziende, ma il tribunale dell'Aia ha osservato che per via delle sue emissioni di gas serra, Shell ha un impatto sul cambiamento climatico maggiore di quello di molti paesi del mondo.
Una delle organizzazioni ambientaliste, che a nome di 17.200 cittadini olandesi, aveva portato Shell in tribunale, ha reso noto che è la prima volta nel mondo che un'azienda energetica viene obbligata legalmente a rispettare l'accordo di Parigi.
La decisione del tribunale è legalmente vincolante solo nei Paesi Bassi e la Shell può comunque fare appello, ma tutto ciò potrebbe ispirare nuovi procedimenti giudiziari contro altre grandi aziende petrolifere europee, tra cui l'italiana Eni.
Attualmente il piano di riduzione delle emissioni di gas serra di Shell prevede che entro il 2050 l'azienda arrivi alle cosiddette emissioni zero, ma come molte altre strategie di riduzione delle emissioni, anche quella di Shell prevede degli obiettivi intermedi: una riduzione delle emissioni del 20 per cento entro il 2030, del 45 per cento entro il 2035, il tutto rispetto ai livelli del 2016. Inoltre, le organizzazioni ambientaliste che hanno portato Shell in tribunale criticano l'azienda perché prevede di ridurre gran parte delle sue emissioni finanziando progetti di salvaguardia forestale, il cui reale contributo di compensazione è molto discusso.
Davide Fifaco