Non è un calo di passione per una delle bevande più diffuse al mondo, ma una conseguenza delle chiusure di ristoranti, bar e pub.
I lockdown più o meno rigidi che sono stati applicati un po’ in tutto il mondo hanno coinvolto soprattutto i locali, e a caduta hanno ridotto i consumi di birra, tanto da creare serissimi problemi ai produttori, e non solo a quelli artigianali.
Anche uno dei giganti della birra, la olandese Heineken, il secondo produttore al mondo dopo il gruppo belga AB InBev, ha annunciato l’intenzione di tagliare circa 8.000 posti di lavoro in tutto il mondo, poco meno del 10 per cento della forza lavoro totale, dopo aver registrato una perdita netta di 204 milioni di euro, e un calo delle vendite del 17 per cento.
E se il Covid ha provocato perdite ai grandi produttori, che comunque possono contare sulla grande distribuzione dei supermercati e su una struttura più resiliente, la situazione è stata disastrosa per i piccoli produttori: un settore che negli ultimi anni aveva visto una crescita continua, con un aumento delle birrerie e della cultura della birra artigianale, ma che ha praticamente azzerato le vendite dirette e nei locali con il blocco di quello che viene chiamato canale "Horeca", acronimo di "Hotellerie-Restaurant-Café".
I 900 microbirrifici artigianali italiani ad esempio hanno registrato un calo del fatturato del 90 per cento, vale a dire un blocco totale delle attività. I produttori di birra artigianale fra l’altro non hanno nemmeno preso i ristori, e ora vedono i propri prodotti, che hanno un tempo di conservazione non lunghissimo, bloccati nei magazzini, con il rischio di perdere tutto.
Per richiamare l’attenzione sul settore, i giovani produttori hanno anche diffuso degli spot sui social, per chiedere da una parte alle istituzioni maggiore attenzione al settore, dall’altra ai consumatori di scegliere di bere la birra artigianale, anche a casa.
Alessandro Martegani