Gran parte degli accordi, secondo quanto riportato dal New York Times, è ancora in vigore. Il colosso di Mark Zuckerberg, in questo modo, è riuscito ad estendere ampiamente il suo raggio d'azione, promettendo in cambio ai partner il permesso di accedere alle informazioni personali dei propri utenti e dei loro "amici", nonostante questi fossero convinti di aver negato ogni condivisione dei propri dati.
Il vicepresidente della società, Ime Archibong, rispondendo al New York Times, ha affermato che l'obiettivo degli accordi era quello di portare Facebook sui diversi smartphone esistenti, in un periodo in cui non c'erano i negozi di app. I costruttori hanno "firmato accordi che impedivano l'uso delle informazioni" per scopi diversi e hanno chiesto il consenso degli utenti, ha aggiunto il vicepresidente. "Nei primi giorni del mobile non c'erano negozi di app, quindi aziende come Facebook, Google, Twitter e YouTube dovevano lavorare direttamente con i produttori di sistemi operativi e dispositivi per portare i prodotti nelle mani delle persone", ha spiegato. "I partner - però - non potevano integrare le informazioni nei dispositivi senza il permesso dell'utente". "Contrariamente alle affermazioni del New York Times - ha detto ancora Archibong - le informazioni degli amici erano accessibili sui dispositivi solo quando le persone decidevano di condividere le proprie informazioni con quegli amici".