Non si placa la protesta di migliaia di rifugiati confinati sull'isola di Lesbo, in Grecia, che hanno passato gli ultimi giorni all'addiaccio dopo gli incendi che a inizio settimana hanno devastato il campo profughi di Moria. Le autorità greche stanno procedendo alla costruzione di una nuova struttura, sempre sull'isola, ma molti dei rifugiati chiedono una soluzione diversa, temendo di dover fronteggiare ancora una situazione simile a quella di Moria, dove le condizioni di vita erano drammatiche.
Nato per ospitare tremila persone, il campo è infatti arrivato a contenerne fino a tredicimila. A Lesbo sono presenti migranti di più di settanta nazionalità diverse, che chiedono di poter raggiungere la Grecia continentale e l'Europa. Le proteste hanno portato ieri ad alcuni scontri tra migranti e polizia ellenica, che ha lanciato gas lacrimogeni per disperdere la folla. Cresce la tensione anche tra gli abitanti greci di Lesbo, che chiedono che i migranti vengano allontanati dall'isola. Ancora non è chiara la dinamica che ha portato alla distruzione di Moria. Le fiamme sono però scoppiate in un momento estremamente delicato, dopo la scoperta di casi di COVID-19, che ha aumentato la tensione già palpabile nel campo. Secondo alcune testimonianze, gli incendi sarebbero seguiti a scontri tra gruppi di migranti e polizia greca.
La Germania ed altri dieci paesi UE hanno intanto acconsentito ad ospitare 400 minori non accompagnati presenti su Lesbo. Per la maggior parte dei migranti sull'isola, però, in mancanza di una soluzione politica a livello europeo, il futuro resta incerto.
Francesco Martino
Suggerimenti
Nessun risultato trovato.
Risultati della ricerca
Risultati della ricerca
Risultati della ricerca
Risultati della ricerca
Risultati della ricerca
Risultati della ricerca
Risultati della ricerca
Risultati della ricerca