Torna alla carica Monsignor Viganò, in quella che sembra ormai una vera e propria resa dei conti all'interno della Chiesa cattolica fra l'ala riformatrice, rappresenta da Papa Francesco, e quella più tradizionalista a cui si rifà anche l'ex nunzio apostolico negli Stati uniti.
Dopo il comitato di due settimane fa, diffuso al termine del viaggio in Irlanda del Papa, in cui aveva accusato Francesco di aver coperto le accuse di pedofilia verso l'ex Cardinale e arcivescovo di Washington Theodore Edgar McCarrick, e aveva chiesto le dimissioni del pontefice, Viganò in un'intervista al sito ultraconservatore LifeSiteNews accusa il Papa di aver mentito sui contenuti dell'incontro che avrebbe avuto nel 2016 con Kim Davis, una funzionaria del Kentucky messa in carcere per essersi rifiutata di firmare l'atto di matrimonio di due persone gay.
L'incontro, che avrebbe dovuto rimanere riservato, era stato interpretato come un appoggio di Francesco alla sua posizione, e il Vaticano aveva precisato che il colloquio non rappresentava una condivisione di quella posizione, ma per Viganò il Papa avrebbe incoraggiato la Davis. "È evidente - ha detto - come abbia voluto nascondere l'udienza privata con la prima cittadina americana condannata per obiezione di coscienza".
Si tratta di un nuovo attacco alla credibilità del Papa, una strategia precisa per mettere in dubbio la coerenza della linea riformatrice di Francesco,
che non ha replicato al suo accusatore.
Al Papa però è giunto il sostegno delle conferenze episcopali di tre Paesi, Spagna, Argentina e Perù. In particolare la Conferenza episcopale argentina definisce «spietati» gli attacchi contro il Pontefice e gli esprime «fraterna e filiale» vicinanza.