La decisione di Twitter bloccare gli account di Donald Trump per evitare “ulteriore incitamento alla violenza” da parte del Presidente uscente ai suoi sostenitori, potrebbe avere implicazioni ancora difficilmente valutabili sul mondo dell’informazione, ma ne ha avuto uno immediato in borsa.
Prima Twitter, il social più utilizzato da Donald Trump (@realDonaldTrump), poi a ruota Facebook e Instagram, hanno infatti deciso di bloccare gli account del Presidente uscente, aprendo il dibattito sul ruolo dei social, dei gestori di questi mezzi di comunicazione, e sui limiti della libertà di parola online, dibattito che non ha fatto bene alle azioni dei colossi del Web.
Twitter nell’ultima seduta di Wall Street è arrivata a perdere fino al 10 per cento del valore delle azioni, recuperando poi fino a meno 3,3 per cento. Stessa sorte, anche se con una dinamica più contenuta, per Facebook. C’è da dire che il calo è maturato in un clima di generale incertezza, causato sia dalla burrascosa transizione che stanno vivendo gli Stati Uniti, sia per i dubbi ancora legati alla dinamica della pandemia, ma il legame fra il calo dei titoli dei big dell’informatica e le decisioni sugli account del Presidente americano sono evidenti.
Nella spirale al ribasso sono infatti stati convolti anche titoli come Apple, Amazon e Google, che hanno registrato sui titoli flessioni che vanno dall’1,5 al due per cento, a causa della decisione di escludere dalle app scaricabili dalle loro piattaforme, e rendere quindi irraggiungibile, il social Parler, su cui Trump aveva annunciato di volersi trasferire.
Quello che i mercati temono è soprattutto un peggioramento dei rapporti fra queste aziende e la politica, con possibili ripercussioni sui bilanci: le stesse grandi aziende del Web e altre corporation del resto hanno dimostrato in questi mesi una disaffezione dalla politica. Anche Facebook ad esempio, seguendo l’esempio di Marriott e American Express, ha bloccato le donazioni politiche.
Sullo sfondo rimane però anche una questione sollevata dallo stesso Trump, ma che ora potrebbe diventare oggetto dell’attenzione del governo democratico, vale a dire la modifica della "Sezione 230" della legge sulle telecomunicazioni, che protegge le società di Internet dalla responsabilità per i contenuti pubblicati dagli utenti, una sorta di scudo legale per le aziende. Trump, desideroso d’intervenire su contenuti da lui ritenuti in questi anni schierati contro la destra, nonostante proprio i social e la libertà di espressione su queste piattaforme fossero stati determinanti per la sua ascesa alla Casa Bianca, puntava a rendere i social network legalmente responsabili dei contenuti pubblicati e delle scelte fatte per mediare i contenuti.
Ora, dopo i fatti di Washington e il ruolo dei social nello scambio di comunicazioni fra gli autori dei disordini, anche la nuova amministrazione democratica potrebbe voler modificare la legislazione. La decisione autonoma di Twitter d’intervenire sembra non bastare alla politica americana, che potrebbe decidere di modificare la norma per aumentare le responsabilità legali delle corporation del web, cambiando quindi drasticamente il ruolo di realtà come Twitter o Facebook, esponendole a conseguenze legali, e mettendo in discussione anche il valore in borsa delle società.
Alessandro Martegani