Parla anche un po’ italiano il primo parco archeologico realizzato nel Kurdistan iracheno.
La struttura realizzata a Faida, è stata inaugurata alcuni giorni fa, ed è frutto della cooperazione tra la missione archeologica dell'Università di Udine e la Direzione delle Antichità di Duhok, città dell'Iraq settentrionale, nel Kurdistan iracheno.
Il progetto di scavo, documentazione, protezione, restauro e valorizzazione che ha portato alla creazione del parco era stato avviato dagli archeologi dell'Università di Udine nel 2019. Lo stesso rettore dell’università di Udine, Roberto Pinton, ha partecipato alla cerimonia accanto a esponenti delle amministrazioni locali e ad accademici dell’ateneo friulano.
Gli obiettivi del progetto Kifap (Kurdish-Italian Faida Archaeological Project), diretto da Daniele Morandi Bonacossi, docente del Dipartimento di Studi umanistici e del patrimonio culturale dell’Ateneo friulano, punta a “investigare scientificamente su un sito unico in tutto il Vicino Oriente, utilizzando anche delle tecnologie all'avanguardia per fotointerpretazione, telerilevamento, scansione laser, fotogrammetria e utilizzo di droni, e proteggere e promuovere il patrimonio recuperato, che si trova in una zona post-bellica”.
Il parco archeologico, fra le altre strutture, comprende un complesso d'irrigazione assiro risalente a 2.700 anni fa. In una prima fase la struttura del parco permetterà l'accesso a un percorso di visita lungo un antico canale assiro di oltre 10 chilometri, scavato probabilmente a cavallo tra l'ottavo e il settimo secolo a.C., opera del re Sennacherib (704-681 a.C.) o, forse, già di suo padre Sargon II (721-705 sec. a.C). La scoperta più scenografica sono i tredici imponenti rilievi rupestri di epoca assira, scoperti dal team italo iracheno fra il 2019 e il 2022, che rappresentano il sovrano in preghiera di fronte alle sette principali divinità del pantheon assiro.
Alcuni dei pannelli, di quasi 5 metri di larghezza e 2 metri di altezza, erano stati individuati già nel 1972 Julian Reade, un archeologo inglese del British Museum, ma non era stato fatto alcun intervento di recupero a causa dell’instabilità politica e militare che contraddistingueva la regione in quegli anni.
Alessandro Martegani