La libertà di espressione online, già precaria in molte parti del mondo, ha subito un ulteriore deterioramento nel corso dell'ultimo anno. Secondo il recente rapporto di Freedom House, ben 27 dei 72 Stati analizzati hanno registrato un peggioramento della situazione, mentre solo 18 hanno mostrato segnali di miglioramento. Il Kirghizistan si è distinto per il più significativo declino nella libertà online, subendo un inasprimento della censura e della sorveglianza governativa. La Cina, da parte sua, ha raggiunto il Myanmar nel fondo della classifica, dove il regime militare ha introdotto severe restrizioni sulle reti private virtuali e ha intensificato la censura dei contenuti online. La minaccia alla libertà di espressione su internet è dunque sempre più diffusa, con governi che ricorrono a pene detentive molto severe e alla violenza per reprimere il dissenso. In tre quarti dei Paesi analizzati, gli utenti sono stati arrestati per aver espresso le proprie opinioni, con alcuni condannati a pene che superano i dieci anni di carcere. Le elezioni, un momento cruciale per la democrazia, sono spesso state contaminate dalla disinformazione e dalla censura in molti Paesi. Gli elettori di almeno 25 Stati hanno dovuto affrontare uno spazio informativo manipolato e distorto, dove la mistificazione ha limitato l'accesso a informazioni affidabili e dove i commentatori filogovernativi hanno diffuso notizie false e ingannevoli. Nonostante le sfide, alcuni Paesi hanno fatto passi significativi verso una maggiore libertà online. L'Islanda ha consolidato la propria posizione di leader mondiale in questo campo, mentre lo Zambia è emerso come un esempio positivo di come sia possibile migliorare la situazione anche partendo da una base sfavorevole.
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