Il piano di pace, presentato dal presidente egiziano Abdel Fattah-al Sisi, prevede la liberazione di quattro ostaggi israeliani, catturati durante l’incursione in Israele del 7 ottobre 2023, in cambio di un numero non precisato di prigionieri palestinesi detenuti a Tel Aviv. Un breve cessate il fuoco che, secondo al Sisi, permetterà inoltre di veicolare aiuti umanitari a Gaza, martoriata dai bombardamenti, oltre che creare un contesto più favorevole per i successivi negoziati. I tentativi di mediazione, in particolare da parte di Egitto, Stati Uniti e Qatar, si sono finora rivelati infruttuosi, complicati anche dalla rigida posizione di Israele, che continua a considerare l'opzione militare come unico mezzo per neutralizzare Hamas. Proprio ieri, l’aviazione israeliana ha condotto nuovi attacchi sulla Striscia di Gaza, causando la morte di almeno 47 persone. Recenti dichiarazioni del ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, indicano però crescenti tensioni interne sulla strategia da adottare: Gallant, infatti, ha espresso scetticismo rispetto alla possibilità di raggiungere i risultati prefissati esclusivamente attraverso la pressione militare, evidenziando la necessità di “compromessi dolorosi” per ottenere la liberazione degli ostaggi. E aumenta, intanto, anche l’ira di molti israeliani che hanno contestato il discorso del premier Benyamin Netanyahu, pronunciato in occasione della cerimonia di commemorazione delle vittime del 7 ottobre, incolpandolo di dare la priorità alle operazioni militari rispetto alla vita dei loro cari. Teheran ha nel frattempo minacciato una “risposta appropriata” ai recenti attacchi israeliani contro basi militari iraniane. Il presidente Masoud Pezeshkian ha dichiarato che, per il momento, il Paese difenderà i propri diritti ma non entrerà in guerra, mentre la guida suprema Ali Khamenei ha espresso una posizione di cauta fermezza, sottolineando come l’Iran non intenda sottovalutare le azioni di Israele. Il tema sarà oggi anche al centro di una riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu che avrà un ruolo cruciale nel monitorare ogni sviluppo, affinché i negoziati possano finalmente creare uno spazio di dialogo
M.N.