I rappresentanti dell’Istituto nazionale di sanità pubblica già ad aprile hanno segnalato una crescita di casi di febbre del topo, invitando i cittadini alla cautela quando si svolgono lavori in cui è possibile entrare in contatto con escrementi di topo, come durante la pulizia di scantinati e legnaie, oppure attività nei boschi e all’aperto. I roditori presenti in questi luoghi possono infatti trasmettere attraverso le loro secrezioni l’hantavirus, che provoca in genere febbre alta, mal di testa, brividi, dolore all'addome, congiuntivite, rossore al viso, disturbi respiratori. L'infezione che dura da due a quattro settimane non è mortale, ma se trascurata può portare a gravi complicanze come la nefropatia epidemica, emorragie, sindromi polmonari. Si tratta di un’epidemia ciclica legata alle condizioni climatiche. Quest’anno a detta degli esperti i faggi hanno prodotto più ghiande del solito e perciò i roditori hanno avuto più cibo a disposizione, con il conseguente aumento della loro popolazione.
La maggior parte dei casi di febbre da topo, ovvero 253 su 562, sono stati riscontrati nel goriziano. Si tratta praticamente quasi del doppio di contagi rispetto al 2019, quando si era registrato il numero più alto degli ultimi anni, pari a 252.
Negli ultimi mesi sono aumentati notevolmente anche i casi di febbre del coniglio, una patologia trasmessa da un batterio che può essere passato all'uomo da lepri e conigli attraverso il contatto con le loro secrezioni o iniettato da parassiti quali zanzare e zecche. Finora sono giunte agli organi competenti 47 segnalazioni, mentre l’altro anno i contagi erano stati solo due. Anche in questo caso la maggior parte di infezioni è stato registrato nel goriziano con 34 casi.
Barbara Costamagna